Perché a volte una persona può star bene solo in presenza di un’altra? Perché da sola si sente persa e svuotata? Perché non sa più cosa le piace e quali sono i suoi obiettivi?
In questi casi si parla di “dipendenza affettiva”, che non è, come le altre dipendenze, legata ad un oggetto (alcol, sostanze..), ma ad una persona e alla relazione che instaura con essa.
Questo funzionamento è molto rischioso per il benessere della persona “dipendente”, perché finché l’altro è presente, sembra che tutto vada per il meglio, ma se l’altro si allontana vengono meno la propria autostima e la fiducia in sé.
Ecco perché molte relazioni sembrano lasciare un vuoto incolmabile: se pensiamo di poter star bene solo in presenza dell’altro, non saremo mai pienamente completi e adulti.
Una relazione sana non può essere così sbilanciata e dare all’altra persona il potere di dirigere il nostro benessere.
Questo accade perché uno dei due, il “dipendente”, non riesce a riconoscere le proprie risorse e la possibilità di pensare, scegliere ed agire autonomamente e in maniera efficace. Così quando incontra un’altra persona, che spesso appare più forte e determinata, si affida completamente, pensando che il suo amore possa rafforzarla e sostenerla.
Se la relazione funziona, il “dipendente” si sente protetto e sicuro, ma se l’altro decide di allontanarsi o chiudere, si sentirà svuotato e si chiederà cosa non lo rende adeguato. Così facendo emergeranno una serie di timori, da quello del “non essere abbastanza”, a quello del rimanere solo, pensando di non meritare le attenzioni e l’amore di nessuno.
Se il dipendente affettivo non viene aiutato a ridimensionare questi pensieri e le emozioni correlate, tenderà ad accettare ogni relazione, anche se non lo soddisfa a pieno, purché trovi ancora qualcuno che lo “accetti”. Si parla di accettazione non perché il dipendente affettivo sia un peso che poche persone riescono a sostenere, ma perché lui si sente così: non degno di attenzioni e cure, senza risorse e quindi in dovere di sottostare a chi decide di avere una relazione con lui.
La dipendenza affettiva è declinata soprattutto al femminile, ma esistono casi anche negli uomini, anche se hanno caratteristiche e manifestazioni comportamentali un pò diverse.
Nonostante le fasce d’età delle donne coinvolte possano essere diverse, tra loro hanno alcune caratteristiche comuni:
• fragilità
• bisogno di conferme
• scarsa autostima
• paura di essere lasciate
• tendenza alla iperresponsabilizzazione
• famiglie d’origine problematiche (abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psicologici, storia di alcolismo, bulimia o altre dipendenze nei genitori)
Un’altra precisazione riguarda il periodo e la durata di alcuni comportamenti: nelle fasi dell’innamoramento, infatti, alcuni ricercatori hanno individuato la presenza di sintomi simili a quelli dei disturbi di dipendenza affettiva, tra cui euforia, desiderio, dipendenza emotiva e fisica.
Tuttavia è quando queste caratteristiche diventano rigide e costanti, che emerge l’aspetto disfunzionale e patologico della relazione. Si perdono la propria individualità e il contatto con i propri bisogni, che vengono messi da parte, pur di essere accettati dall’altro.
Per modificare questo funzionamento è bene confrontarsi con qualcuno, condividere i propri vissuti e nei casi più radicati rivolgersi ad un professionista. In questi casi il lavoro terapeutico mira a ricostruire nella persona dipendente un senso di amabilità, valore personale e la capacità di essere agente di se stesso e delle proprie azioni.